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23 febbraio 2011

Il trattato Italia-Libia: noi complici di Gheddafi

L’Italia non riesce ad avere un ruolo attivo in questa fase confusa e drammatica di proteste, violenze e repressioni per un motivo molto semplice: è impossibilitata a farlo da un accordo, tanto imprudente quanto capestro. Un Trattato di amicizia, partenariato e collaborazione con la Libia molto impegnativo, la cui responsabilità politica ricade su tutti i partiti che lo ratificarono nel 2009: maggioranza e PD a favore, IDV, UDC e radicali contro. A ciò si aggiunga l’amicizia personale e la comunione di interessi economici tra il colonnello e Berlusconi, che paralizza quest’ultimo, lo rende iperprudente o addirittura inerme.
L’Europa ha detto che ciò che accade in Libia viola ogni principio politico e umano e non può essere accettato da nessuno dei Paesi membri. Ma l’Italia è legata alla Libia del dittatore che sta sterminando il suo popolo da un trattato che la vincola al punto che:

Art.4   l’Italia si impegna ad astenersi da qualunque forma di ingerenza, diretta o indiretta, negli affari interni o esterni che riguardino la giurisdizione dell’altra parte. L’Italia non userà mai né permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia”

Art.20 “Le due parti si impegnano a sviluppare, nel settore della Difesa, la collaborazione tra le rispettive Forze Armate, anche attraverso lo scambio di informazioni militari e di un forte partenariato industriale nel settore della Difesa e delle industrie militari”.

Art.19 “Le due parti promuovono un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche da affidare a società italiane”.

In poche parole siamo complici. Siamo legati da uno stretto partenariato con un Paese che era ed è senza alcuna garanzia di rispetto dei diritti umani. Per questo il prudente B. continua a ripetere di non poter “disturbare” l’amico Gheddafi, al massimo lo farà quando avrà terminato di schiacciare i ribelli. Mai, appunto!

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