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30 dicembre 2010

Terremoto De Magistris nell'IDV. Tonino, o ti fidi o lo sfidi.

La questione posta da Luigi De Magistris, eurodeputato di Italia dei Valori, al proprio capo partito risulta per diversi motivi ragionevole e condivisibile. Antonio Di Pietro ha certamente il merito di aver creato un partito dal nulla, senza ereditare dirigenti o personaggi politici di altri partiti o di antiche generazioni. una grossa novità per il panorama politico italiano, soprattutto degli ultimi decenni.
Dopo aver compiuto questo piccolo miracolo però, si potrebbe pure pensare di cambiare marcia, lanciare i nuovi dirigenti, riconoscere ai giovani più meritevoli importanti ruoli e determinati spazi. Con l’impegno, da prendere nei confronti dei propri elettori naturalmente, di non cambiare linguaggio, obiettivi, principi.
De Magistris, Sonia Alfano e Giulio Cavalli hanno presentato nei giorni scorsi una lettera-denuncia che metteva al centro proprio il concetto del cambio generazionale. Oltre ad invitare Di Pietro a reagire “duramente e con fermezza alla deriva verso cui il partito sta andando per colpa di alcuni”, il documento lamenta anche forti difficoltà di assemblaggio tra fondatori e militanti storici da una parte e nuove leve dall’altra. Contrapposizioni che, secondo i firmatari, Di Pietro non ha contribuito certo a sciogliere e superare.
Per le sue parole e per l’atteggiamento da "professorino", De Magistris viene spesso accusato di essere interessato solo al posto del capo e di continuare, per questo, a pugnalare alle spalle.
Innanzitutto si potrebbe sostenere che puntare al posto di capo partito ponendo delle questioni serie, raccogliendo consensi all’interno del movimento e fra gli elettori, sfidare un altro modo di guidare un partito con richieste puntuali e precise, sia il metodo più democratico per sfidare la leadership.
Ma detto questo, perché chi tenta di rinnovare viene sempre additato di avere altri fini o, peggio, di fare il gioco del nemico?
De Magistris sarà pure una persona ancora immatura per un posto da leader. Ma perché chi lavora per il partito, ci mette la faccia, raccoglie consenso ed ammirazione per la propria preparazione ed attività politica, nel momento in cui chiede maggiore rigidità, maggiore coerenza ed apertura trova di fronte a sè un muro di sospetti e diffidenza?
Il difetto (o il pregio dipende dal punto di vista) di De Magistris è la sua incapacità a scendere a compromessi. E proprio questo rappresenta un ostacolo insormontabile per chi forse sente già di aver raggiunto il traguardo della propria escalation politica e punta alla semplice conservazione.
E dispiace, invece, non vedere custodita questa sua qualità come preziosa prerogativa dalla quale un vero partito ispirato alla giustizia, al vivere civile ed alla Costituzione, non dovrebbe mai prescindere.

22 dicembre 2010

Dissenso informato: il vero terrore di B.


C’è chi ha sperato nel suo tracollo. Nelle sue dimissioni. Chi ha tentato di indebolirlo politicamente, psicologicamente, fisicamente.
L’hanno tradito i suoi amici più cari. Offeso i suoi nemici più spietati.
L’hanno denunciato, denigrato, sbugiardato. Hanno coinvolto media nazionali ed internazionali per sconfiggerlo. Per sbeffeggiarlo.
La Magistratura si è accanita contro di lui. L’ha convocato, l’ha sospettato, l’ha studiato. Ha cercato di sapere, di conoscere. L’ha domandato. Ha condannato i suoi più cari amici. I suoi soci.

Lui è sopravvissuto a tutto… ma perché?

Perché chi spera nel suo tracollo è ricattabile. È semplicemente un falco, che potrebbe diventare colomba, poi indipendente, poi gruppo misto, poi berlusconiano.
Chi l’ha tradito sa di non poter vivere senza la sua leadership. Sono sue creature. E se non si trasformeranno in dei mostri non tradiranno mai il loro creatore. La loro riconoscenza sarà sempre maggiore della loro sete di autonomia.
I suoi nemici più spietati sono suoi semplici ammiratori. Lo invidiano per il suo potere, la sua arroganza, la sua straripanza. Sono suoi adulatori.
Chi lo sbugiarda e lo sbeffeggia sa di non poter esagerare. Gli scheletri nell’armadio ce l’hanno tutti. E guai a farsi cogliere impreparati.
La Magistratura può solo tentare di fermarlo. Essa applica le leggi. Del Parlamento. Berlusconiano. L’ha potuto convocare, ma mai giudicare. È irraggiungibile. Impunito.

Allora ci resta il metodo più democratico ed antico del mondo. Quello di raccontare le avventure del nostro patetico presidente del consiglio. Agli amici, ai colleghi, alle amiche. Raccontiamo loro quello che potrebbe essere con un Governo democratico e che non è. Come sono state gestite le emergenze in questo Paese. I rifiuti a Napoli. I fatti di L’Aquila, La Protezione Civile. Di come si gestiscono i Beni Pubblici. La Scuola Pubblica. Di perché si ha tanta bramosia di riformare la Magistratura. Il legittimo impedimento. Il processo breve. Come dovrebbero essere trattare le donne, cosa sono per noi le donne e cosa sono per lui. Di cosa significa potere mediatico. Censura. Lottizzazione..  Informiamoci e raccontiamo agli altri. Potrebbe essere l’arma giusta. Quella del dissenso informato.

19 dicembre 2010

Ecco perchè ascoltare i dissidenti potrebbe essere il più bel gesto di democrazia

La sensazione che resta dopo i tumulti, dopo la guerriglia del 14 dicembre, ha un sapore di resa dei conti rimandata. Di contatti, scontri, manganellate rimandate. Alla prossima manifestazione, al prossimo corteo.
Classificare i fatti dell’altro giorno come circostanze di mero ordine pubblico è l’errore più grave che potrebbe fare la classe politica italiana. Errore forse già commesso se, come è accaduto, i nostri cari rappresentanti non hanno saputo far altro che attaccare i giudici (quelli che hanno provveduto alla scarcerazione dei manifestanti arrestati), inviare ispettori nei tribunali “incriminati”, gettare ombre sull’operato dei magistrati. Tutto questo per far passare l’idea della punizione esemplare per chi crea disordine ed organizza proteste. Gli stessi politici che si dimostrano ipergarantisti in altre circostanze (vedi Cosentino, Mastella, Dell’Utri), qui chiedono pene dimostrative e sommarie. Perché? Perché si sostituisce all’ascolto delle ragioni di chi protesta, la richiesta della massima punizione per quei pochi che si è riusciti ad arrestare?
Evidentemente perché epurando i più pericolosi si può continuare ad ignorare, schernire, sottovalutare la base della protesta. Che da due anni riempie le piazze d’Italia e viene puntualmente schivata dalle istituzioni alle quali si rivolge.
Anni fa ad essere denigrati e pestati erano i movimenti no-global. Venivano accusati di essere semplicemente dei violenti, degli irresponsabili, dei vigliacchi (direbbe oggi qualcuno). Tra quei manifestanti vi erano studenti, professori, ricercatori, avevano programmi, proiezioni, alternative. Quelle proteste sono state soffocate. Successivamente si è osservata la crisi più pesante degli ultimi decenni in Europa e nel Mondo, che gli esperti agganciano in gran parte alla globalizzazione economica e finanziaria. Non vorrei fare delle deduzioni forzate ma, probabilmente, ascoltare le ragioni di quei dissidenti sarebbe stata buona cosa. Magari non si sarebbe evitato il peggio, ma la democrazia partecipata avrebbe certamente fatto un passo in avanti.
Proprio per questo dare ascolto e cercare di comprendere le ragioni della protesta è la via della civiltà, della democrazia, della partecipazione. Potrebbe essere un’occasione per individuare nuove strade, nuovi percorsi.
Occuparsi solo delle prime file dei cortei, pretendere per loro pene esemplari, interferire sull’operato della magistratura è la via del regime, della dittatura, dell’arroganza di chi crede di avere in tasca il futuro dei cittadini. È la via che permette di ignorare il cuore della protesta. La più comoda. Purtroppo solo fino alla prossima battaglia.

17 dicembre 2010

Orgoglio Fascista

Ieri sera è andata in onda l’ennesima puntata dello spregevole spettacolo di regime offerto dal piccolo governo berlusconiano. Il palcoscenico era quella di Santoro, e in studio era presente il Ministro della Difesa La Russa. La situazione è diventata incandescente quando un giovane studente universitario (un piccolo Nanni Moretti) prese la parola per rivendicare le ragioni e spiegare le cause dei movimenti di protesta che da un paio d’anni riempiono le piazze d’Italia. Forse già il gesto di dare la parola ad un dissidente manifestante non deve essere andata giù al ministro se è vero, come è accaduto di lì a poco, che dopo appena qualche battuta ha cominciato inspiegabilmente ad agitarsi. La sua agitazione, trattenuta a stento da Santoro, è diventata collera quando il preparato rappresentante, anziché intimorirsi dinanzi alle scenografiche interruzioni del ministro si è dimostrato ancor più deciso a raccontare le questioni e le richieste politiche che lamentava quella piazza. Il furioso ministro, tuttavia, oltre a dargli ripetutamente del vigliacco (alla Sgarbi-maniera) ed a cercare di zittirlo ha ritenuto di non dover alcuna risposta alle pressanti rivendicazioni.
In realtà, qualche attimo prima, l’ottimo Ruotolo aveva preparato un contributo sulle scene di violenza del 14 dicembre in Piazza del Popolo a Roma. In quel servizio si sono viste delle scene molto dolorose, di volti insanguinati, di persone pestate, di uomini in divisa accerchiati. La violenza registrata in quella giornata è stata inaudita e per la prima volta, si è detto, non praticata da esperti teppisti ma da persone esauste e vessate che hanno sfogato con la violenza la rabbia per le difficoltà della propria vita, i sogni demoliti, i progetti spezzati da disoccupazione e povertà. Sicuramente vi erano dei professionisti della violenza tra quei manifestanti, ma non è questo che dovrebbe far paura. Dovrebbe preoccuparci più di tutto la possibilità che a far violenza ci potessero essere persone che, dopo anni passati a fare appelli, raccogliere delle firme, produrre slogan, salire sui tetti, oggi sono esasperate e svuotate dalle porte chiuse in faccia dal potere. Dall’assenza di dialogo, dall’arroganza di chi dovrebbe ascoltare i loro bisogni. Aver trasformato questa gente in pericolosi teppisti è certamente colpa di chi non ha saputo raccogliere per tempo il grido di disperazione di questa società ormai sull’orlo del precipizio.
Per questo cercare il duello verbale o peggio intimidire l’interlocutore è l’errore più grande che potrebbe fare un rappresentante delle Istituzioni quale è La russa. Che peraltro, qualche minuto dopo, rivendicava orgogliosamente il passato da fascista militante. Forse non il massimo per un membro del Governo della Repubblica che, oggi più che mai, dovrebbe fare del dialogo e della solidarietà la missione principale della propria azione, per tentare di tirare fuori la società italiana dalla pericolosa spirale di violenza e disgregazione sociale che la sta consumando.

15 dicembre 2010

Da forcaiolo a Superstar: ennesimo miracolo berlusconiano


Dire che la politica italiana sia in uno stato di agitazione è chiaramente un eufemismo. E non bisogna meravigliarsi se fuori dal palazzo del potere migliaia di cittadini, che non ricevono adeguata riposta alle loro legittime richieste, protestano e si mobilitano per esprimere il proprio dissenso. Come sempre i reati che si commettono durante i cortei sono quelli che rubano la scena, che oscurano le cause, le paure e gli affanni di chi scende in piazza a manifestare per chiedere che venga rispettato un proprio diritto, una propria libertà. Di chi lascia a casa la moglie e i figli per impugnare una bandiera, diffondere un volantino, imbracciare un megafono. Forse perché urlando lì le proprie difficoltà ed i soprusi subiti, si riesce a nasconderle meglio ai propri ragazzi ,davanti ai quali comunque bisogna dimostrarsi forti, in salute, invincibili.
Tutte le strade d’Italia, con disarmante frequenza, si riempiono di questi genitori sull’orlo di una crisi di nervi, di giovani impossibilitati a pianificare un futuro, di persone che pensano di non poter più conservare ciò che fino ad allora li ha resi felici, ciò che ha allietato la loro vita, permesso loro di realizzarsi come uomo o come donna: sia un posto di lavoro, una casa, la propria impresa.
In tutto questo fa rabbrividire la spocchia del potere, il suo  distacco dalla realtà, la sua arroganza. Ieri in tv, a proposito del voto di fiducia, un deputato raccontava sorridendo che la sua incertezza sulla decisione di voto era voluta, tutto spettacolo insomma. Nascondeva la sua decisione per creare suspance attorno alla giornata in cui, insieme al altri spudorati e disonorevoli colleghi, sarebbe stato brillante protagonista. Confusione per creare attesa. Nomi e  Cognomi mai sentiti prima che ad un tratto diventano prima colombe, poi falchi, poi passere, poi canaglie. Come se vanitosamente si candidavano ad essere  gli unici che avrebbero potuto salvare le sorti di un paese in crisi, violento, senza futuro. Un Paese in cui, un deputato IDV, e quindi dipietrista, spesso insultato come giustizialista e forcaiolo, nel momento in cui vota la fiducia a Berlusconi viene accolto da superstar dal governo, una standing ovation per sottolineare il tradimento più infame mai consumato nel panorama politico italiano degli ultimi decenni. Come a dire questo voto ti purifica, vieni pure tu ad ungerti con l’olio miracoloso. Il miracolo delle poltrone promesse e delle ricandidature assicurate.
È spregevole questo spettacolo che ci stanno riservando i nostri politici. Ma proprio per questo, pur non mancando di ringraziare le forze dell’ordine che garantiscono il pacifico svolgimento delle manifestazioni, vorrei esprimere gratitudine soprattutto a coloro che le manifestazioni le organizzano e le realizzano, pacificamente, che ci ricordano il lato più bello di questo Paese: un Paese che ha ancora voglia ci cambiare, che si informa, che vuole partecipare. Che è vivo.

13 dicembre 2010

Propaganda berlusconiana

Dei momenti di palpitazione che sta vivendo il panorama politico italiano ne stanno parlando tutti i giornali e le televisioni nazionali, ai quali si è aggiunta la stampa internazionale molto interessata al colpo che potrebbe subire, nelle prossime ore, l’impero berlusconiano. Di sicuro non più indistruttibile come pareva solo 6 mesi fa.
 Da questo terremoto partitico potrebbero nascere nuove alleanze, rinnovarsi vecchi amori, superarsi recenti divergenze o cristallizzarsi dolorose rotture.
A questo punto tutto l’impianto del potere berlusconiano è messo in discussione, dal momento che una leadership sempre riconosciuta con soggezione e subordinazione da tutti i partiti del centrodestra (e non solo) ora non solo viene messa in discussione ma, addirittura, viene rinnegata quasi schernita da alcuni (ex) alleati.
Sull’ottenimento del voto di fiducia, Berlusconi ci sta mettendo tutte le sue residue forze, la sua arguzia politica (forse deteriorata), la sua passione (forse inaridita). Ha rinvigorito vecchi rapporti di amicizia, motivato e ricompattato i suoi sostenitori a suon di accuse verso gli eventuali traditori.
Ha capito che è davvero il momento più importante degli anni più recenti della sua vita politica, e per questo non può e non vuole commettere errori.
Ma è chiaro che se pur dovesse essere respinta la mozione di sfiducia lo sarà per pochissimi voti. Il Governo potrebbe resistere per i  voti delle colombe di Fli o dei transfughi di PD o IDV; tutti personaggi che, nel passato più o meno recente, hanno già sostenuto mozioni di sfiducia a questo governo.
 Definire quindi tali voti affidabili e garanzia di stabilità per il futuro del governo è inconcepibile, una tesi insostenibile. Ed allora perché B. ha puntato tutto sul voto del 14 dicembre?
Perché le elezioni sono alla porta. È evidente. E per Berlusconi, arrivarci dopo aver incassato la fiducia del Parlamento, seppur risibile, rappresenta un tassello determinante della campagna elettorale che lo attende. Che per lui è già cominciata. Da un po’.

11 dicembre 2010

E Bersani derise l’Obama bianco

Il progetto politico del “grande albero” proposto da Nichi Vendola molto probabilmente non verrà mai alla luce, non attecchirà nemmeno con qualche piccola radice, non maturerà mai i suoi gustosi frutti che, secondo il Presidente della Regione Puglia, avrebbero il potere magico di rompere l’incantesimo berlusconiano.
Nichi, come ha sempre fatto, anche in questa occasione apre le porte ai suoi interlocutori, illumina e schiude numerosi spiragli, include alleati possibili (e impossibili) e propone progetti di unicità e collaborazione.  Ma come spesso è accaduto, ha trovato gelo e indifferenza tra i suoi alleati, derisione ed arroganza tra i leader di partito ai quali si rivolgeva. Gli stessi che all’indomani di ogni suo trionfo elettorale, peraltro, si accapigliano per una fotografia in sua compagnia.
Fra i colonnelli democratici serpeggia però malumore, indecisione, esitazione per non dire codardia ed immobilismo. A cominciare dal segretario nazionale Pier Luigi Bersani che si è rifugiato, come al solito, nell’ accusa di semplice affabulatore verso il leader di Sinistra Ecologia e Libertà che proponeva, tra l’altro, una “fusione” tra il suo partito, Sel appunto, e il Partito Democratico.
Una proposta parsa troppo forte, o meglio rivoluzionaria per il Partito Democratico, famigeratamente poco incline al rinnovamento o forse non ancora cosciente del fatto che, il primo partito d’opposizione dovrebbe osare qualcosa per invertire la furia berlusconiana sempre sul punto di rigenerarsi.
E la proposta avanzata da Nichi Vendola sembra andare nella giusta direzione. La direzione del dinamismo, dell’operatività, della vitalità.
La Bbc, il più noto network televisivo della Gran Bretagna, giorni fa analizzava proprio il “fenomeno” Vendola, chiedendosi se sia proprio lui l’Obama bianco, la risposta più credibile al berlusconismo.  Ecco appunto, credibilità. Il minimo che meriterebbe quest’uomo che, se non altro, ha avuto il merito di riaccendere la speranza di tanti giovani (e meno giovani), delusi e disillusi dall’ attempata nomenclatura  di partito.

09 dicembre 2010

Leggete la vera storia di Bruno “Gargamella” Vespa

Avete presente Gargamella, l'antagonista principale dei Puffi, il mago irascibile ed aggressivo, sfortunato ed incapace, che li odia e che vuole catturarli per mangiarli? Quello che fallisce sempre per sua inettitudine o per i cattivi consigli della sua sciocca gatta Birba?
Questa volta ci ha provato ancora, ma l’esito è stato sempre lo stesso: incompetenza assoluta.
Insolitamente, ha deciso di cambiare oggetto delle sue malefatte, decidendo di rapire e violentare i sogni di un altro personaggio delle fiabe: la nostra cara amata Cenerentola.
Naturalmente, insieme alla gioia ed all’entusiasmo della giovane ragazza, Gargamella ha voluto turbare la serenità e la quiete di milioni di telespettatori che avevano deciso per qualche ora di rivivere le emozioni e le suggestioni che solo le fiabe sanno regalare.
Il suo piano malefico era quello di intromettersi nel dolce racconto ed interromperlo con storie di morte e di dolore, proponendo un volto duro, scuro e segnato dalle vessazioni del potere, per impaurire e riportare nello spregevole scenario del suo studio televisivo una realtà ancora più volgare e violenta di quanto già non lo sia.
Nel suo studio-laboratorio, il diabolico mago possiede plastici, bastoni, coltelli, forbici.. ed ancora biciclette, gasparri, statuette e statuine.
Alla sua vista, però, i genitori pronti ed astuti hanno coperto gli occhi dei più piccoli, raccontando loro che era solo un cattivo giornalista, millantatore e stregone, che avrebbero potuto sconfiggere soltanto con la forza della cultura, non leggendo i suoi libri e boicottando la sua trasmissione.
Solo così Bruno Gargamella, esausto per i tranelli sempre mal riusciti, si ritirò nel suo castello in rovina e le nuove generazioni, libere e ben informate, vissero felici e contente!

08 dicembre 2010

"Operazione Valchiria" alla Scala

Le proteste alla prima della Scala erano certamente prevedibili, o forse auspicabili.
I nostri bei politici, profumati e fieri, in sfarzosi abiti da sera stanno ispirando adesso più che mai proteste da parte di cittadini vessati che non sopportano più l'arroganza del potere, la sua sfrontatezza dinanzi alle proprie difficoltà, la sua insolenza dinanzi alle proprie richieste.
La povertà, l'indignazione, la speranza di migliorare bussa alla porta del Potere che continua superbo ad esibirsi senza alcuna vergogna.
Oggi sono studenti senza un futuro, operatori della Cultura e lavoratori senza un presente. Ieri immigrati senza speranza e ricercatori privati della dignità. Vengono caricati!
'Siamo profondamente preoccupati per il futuro della cultura nel Paese e in Europa'' dice il direttore d'orchestra Barenboin prima di leggere l'articolo 9 della Costituzione, che recita ''la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica''.

I tafferugli fuori dal teatro sono terminati poco prima dell'inizio dell'opera, quasi i ribelli avessero voluto delegare alla musica l'espressione del proprio dissenso.
A "La Valchiria", appunto, la strepitosa opera di Richard Wagner.
Mi viene in mente, però, "Operazione Valchiria", il film in cui un gruppo di militari che ha maturato negli anni una profonda ribellione contro i metodi hitleriani vuole attentare alla vita del Fuhrer ed assumere il comando di una nuova Germania. Più giusta e senza soprusi.
Se è vero che musica, cinema e teatro parlano lo stesso linguaggio è facile ricondurlo ad un urlo indignato.
L'urlo di chi, sognando un forte rinnovamento, protesta per le ingiustizie e lavora per costruire un futuro diverso.

Magari non con Bondi Ministro per i Beni Culturali.

07 dicembre 2010

Casini Fini Rutelli: il Terzo Polo esiste.. e lotta insieme a noi!

Pochi giorni fa a Montecitorio, tra sorrisi smaglianti e pose cinematografiche, leader falchi e colombe dei cinque partiti centristi hanno reciso definitivamente il cordone ombelicale che dal 1994 li teneva in vita politicamente e li legava indissolubilmente al personaggio politico più discusso dell’ultimo ventennio.
Sono 87 le firme apposte in calce alla mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Berlusconi, che di fatto hanno rappresentato l’atto di nascita del terzo schieramento dello scenario politico italiano.
I “traditori”, come li ha chiamati il premier, questa volta ispirati come mai, hanno inferto l’ultimo e più forte colpo all’attuale governo, in attesa dello show mediatico del  14 dicembre.
Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini, Raffaele Lombardo, Francesco Rutelli, ecco i nomi dei gladiatori del terzo millennio.. i nuovi che avanzano insomma!
Italo Bocchino ha esibito con impassibile lucidità i numeri della prossima manovra: sommando le firme della nuova mozione di sfiducia, alla mozione già presentata da PD e dipietristi la quota è 317. Un voto in più della maggioranza richiesta.
Tutto scontato quindi? Secondo alcuni neanche per idea. Berlusconi avrebbe già dimostrato altre volte di saper rinascere dalle sue stesse ceneri e neanche questa volta avrebbe abbandonato il ring da pugile suonato.
 Ma oggi sembra diverso. La cottura a fuoco lento che gli è stata riservata persino da alcuni suoi più fedeli alleati, l’appeal sul popolo ormai logorato dai continui scandali e piccanti retroscena e il vento di rivolta che sta attraversando l’Italia rischia di spazzar via anche gli ultimi granelli dell’impero che fu.

05 dicembre 2010

Wikileaks, che paura!

Wikileaks, ci raccontano, è una parolina che sta turbando i sonni di tantissimi funzionari di Stato, ambasciatori, commissari di governo e Capi di Stato. Ma non solo, aggiungerei io. Da qualche settimana, prima con uno spettacolarissimo annuncio e poi con l’effettiva divulgazione di notizie top secret, l’entourage di Julian Assange rischia di distrarre anche le nostre di notti.
La traduzione letterale del termine è “fuga di notizie”, ed indica un’organizzazione di giornalisti ed attivisti alla spietata ricerca di documenti coperti da segreto di Stato (o militare o industriale etc).
L’anonimato dei loro interlocutori è la massima garanzia che viene offerta dall’organizzazione a chiunque disponga, spesso per professione, delle informazioni top secret e decida di renderle pubbliche attraverso questo contatto.
Per adesso sono “sfuggiti” al segreto pesanti giudizi e spiacevoli considerazioni che operatori di Stato internazionali hanno espresso su Capi di Stato e di Governo delle nazioni amiche (e non), candidamente riferiti nella totale garanzia della segretezza di tali rapporti.
Segretezza, appunto, violata.
Potremmo ritenerlo quindi il più potente mezzo a disposizione delle comunità per conoscere il vero profilo delle relazioni tra paesi diversi, dei rapporti commerciali (spesso privati) che guidano una o l’altra strategia di alleanza, o per individuare indigeste cause di conflitti internazionali.
Un grande strumento per le popolazioni dunque, per questo sbeffeggiato ed incriminato dal potere.
N.B. Non cercate di visitare il sito ufficiale, questo ingenuo messaggino confermerà quanto la questione sia bollente: “Sorry! This site is not currently available”.

Il Decreto Legge Gelmini: la riforma dell'università

Gran parte dell’università italiana, in questi giorni di fermento sociale, è scesa in piazza per protestare contro il ddl Gelmini approvato alla Camera dei Deputati. Prima del 14 dicembre, giorno in cui il Parlamento voterà la fiducia all’attuale Governo, passerà all’esame del  Senato dove, a questo punto, il via libero definitivo pare scontato.
Opinione diffusa è quella, secondo la quale, all’immobilismo ed al conservatorismo dello status quo è sempre e comunque preferibile qualsiasi tentativo di riordino dell’esistente. Posizione condivisibile se non fosse che l’intervento sull’attuale sistema universitario rischia di peggiore (addirittura) il presente.
L’impressione è che la riforma si riduca a tre patetiche manovre a corto raggio.
Ridurre i finanziamenti pubblici su discutibile diktat di Giulio Tremonti. Discutibile dal momento che, mentre in tutta Europa si accresce il finanziamento al mondo della ricerca e della formazione, in Italia, in un panorama alquanto già degradato,  si ricorre a perverse analogie culinarie.
Creare dei consigli di amministrazione aperti a dinosauri locali di partiti e forze sociali, i quali occuperebbero senza alcun investimento (e probabilmente merito) un posto alquanto strategico per allettanti progetti “privati”, che siano economici e/o politici.
Rimandare qualsiasi procedimento meritocratico e quindi rendere sempre più insanabile lo scenario lavorativo dei ricercatori universitari. Ancorare l’assunzione dei ricercatori, dopo tre anni di prestazioni rinnovabili una sola volta, esclusivamente alla disponibilità finanziaria dell’università che li accoglie, disonora anni di studio e di sacrifici.
Da più parti si sente attaccare le manifestazioni studentesche accusandole di essere schierate politicamente o peggio di essere pilotate da alcuni partiti. La loro colpa sarebbe quella di essersi accorti solo oggi di tutte le difficoltà e i limiti del nostro impianto di istruzione pubblica. Rispondere che non è mai troppo tardi per difendere i propri diritti penso non sia solo la più scontata delle affermazioni, ma anche la più foriera di speranza.